martedì 22 gennaio 2008

ECT - La coscienza di Zeno*

Storia di un’associazione commerciale. (la coscienza di Zeno)
Fu Guido che mi volle con lui nella sua nuova casa commerciale. Io morivo dalla voglia
di farne parte, ma son sicuro di non avergli mai lasciato indovinare tale mio desiderio. Si
capisce che, nella mia inerzia, la proposta di quell'attività in compagnia di un amico, mi
fosse simpatica. Ma c'era dell'altro ancora. Io non avevo ancora abbandonata la speranza
di poter divenire un buon negoziante e mi pareva più facile di progredire insegnando a
Guido, che facendomi insegnare dall'Olivi. Tanti a questo mondo apprendono soltanto
ascoltando se stessi o almeno non sanno apprendere ascoltando gli altri.Per desiderare
quell'associazione avevo anche altre ragioni. Io volevo essere utile a Guido! Prima di tutto
gli volevo bene e benché egli volesse sembrare forte e sicuro, a me pareva un inerme
abbisognante di una protezione che io volentieri volevo accordargli. Poi anche nella mia
coscienza e non solo agli occhi di Augusta, mi pareva che piú m'attaccavo a Guido e più
chiara risultasse la mia assoluta indifferenza per Ada. Insomma io non aspettavo che una
parola di Guido per mettermi a sua disposizione, e questa parola non venne prima, solo
perché egli non mi credeva tanto inclinato al commercio visto che non avevo voluto
saperne di quello che mi veniva offerto in casa mia.Un giorno mi disse: Io ho fatta tutta la
Scuola Superiore di Commercio, ma pur mi dà un po' di pensiero di dover regolare
sanamente tutti quei particolari che garantiscono il sano funzionamento di una casa
commerciale. Sta bene che il commerciante non ha bisogno di saper di nulla, perché se ha
bisogno di una bilancia chiama il bilanciaio, se ha bisogno di legge invoca l'avvocato e
per la propria contabilità si rivolge ad un contabile. Ma è ben duro dover consegnare da
bel principio la propria contabilità ad un estraneo! Fu la sua prima allusione chiara al suo
proposito di tenermi con lui. Veramente io non avevo fatta altra pratica di contabilità che
in quei pochi mesi in cui avevo tenuto il libro mastro per l'Olivi, ma ero certo d'essere il
solo contabile che non fosse stato un estraneo per Guido.Si parlò chiaramente per la prima
volta dell'eventualità di una nostra associazione quand'egli andò a scegliere i mobili per il
suo ufficio. Ordinò senz'altro due scrivanie per la stanza della direzione. Gli domandai
arrossendo:- Perché due? Rispose:- L'altra è per te.Sentii per lui una tale riconoscenza che
quasi l'avrei abbracciato.Quando fummo usciti dalla bottega, Guido, un po' imbarazzato,
mi spiegò che ancora non era al caso di offrirmi una posizione in casa sua. Lasciava a mia
disposizione quel posto nella sua stanza, solo per indurmi a venir a tenergli compagnia
ogni qualvolta mi fosse piaciuto. Non voleva obbligarmi a nulla ed anche lui restava
libero. Se il suo commercio fosse andato bene m'avrebbe concesso un posto nella
direzione della sua casa.Parlando del suo commercio, la bella faccia bruna di Guido si
faceva molto seria. Pareva ch'egli avesse già pensate tutte le operazioni a cui voleva
dedicarsi. Guardava lontano, al disopra della mia testa, ed io mi fidai tanto della serietà
delle sue meditazioni, che mi volsi anch'io a guardare quello ch'egli vedeva, cioè quelle
operazioni che dovevano portargli la fortuna. Egli non voleva camminare né la via
percorsa con tanto successo da nostro suocero né quella della modestia e della sicurezza
battuta dall'Olivi. Tutti costoro, per lui, erano dei commercianti all'antica. Bisognava
seguire tutt'altra via, ed egli volentieri si associava a me perché mi riteneva non ancora
rovinato dai vecchi.Tutto ciò mi parve vero. Mi veniva regalato il mio primo successo
commerciale ed arrossii dal piacere una seconda volta. Fu così e per la gratitudine della
stima ch'egli m'aveva dimostrato, ch'io lavorai con lui e per lui, ora più ora meno
intensamente, per ben due anni, senz'altro compenso che la gloria di quel posto nella
stanza direttoriale. Fino ad allora fu quello certamente il più lungo periodo ch'io avessi
dedicato ad una stessa occupazione. Non posso vantarmene solo perché tale mia attività
non diede alcun frutto né a me né a Guido ed in commercio - tutti lo sanno - non si può
giudicare che dal risultato.Io conservai la fiducia d'esser avviato ad un grande commercio
per circa tre mesi, il tempo occorrente a fondare quella ditta. Seppi che a me sarebbe
toccato non solo di regolare dei particolari come la corrispondenza e la contabilità, ma
anche di sorvegliare gli affari.

* Tratto da
Università degli Studi di Salerno
DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE E STATISTICHE

Adalgiso Amendola – Roberta Troisi
INTRODUZIONE ALL’ECONOMIA POLITICA DELL’ORGANIZZAZIONE:
NOZIONI ED APPLICAZIONI
WORKING PAPER 3.153
Novembre 2004

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