domenica 24 giugno 2007

Project Management

Dal senso al significato Coord. Giuseppina Miccoli, del_senso.doc

3.2.1 Che cos’è il Project Management?
L’accettazione e l’uso dei concetti del moderno PM (Project Management) formale, per la gestione dei progetti, risalgono agli anni ’50 e a due settori ben distinti d’attività: quello militare e aerospaziale (per lo sviluppo di nuovi sistemi d’arma e di nuovi sistemi per l’esplorazione dello spazio, assai complessi) e quello della progettazione e costruzione impiantistica. Da allora il PM si è affermato in molti altri settori.
Prima di tentare una qualsiasi definizione del PM, peraltro qualunque essa sia non è sicuramente esaustiva, è necessario chiarire il significato dei termini progetto, programma e compito, talvolta usati ambiguamente e in modo interscambiabile.
Per programma si intende un’iniziativa a lungo termine, di norma implicante più di un progetto. Talvolta assume lo stesso significato di “progetto”.
Il progetto rappresenta uno sforzo complesso, di regola di durata inferiore ai tre anni comportante “compiti” interrelati eseguiti da varie organizzazioni, con obiettivi, schedulazioni e budget ben definiti.
Il compito indica uno sforzo a breve termine (dai tre ai sei mesi) eseguito da una organizzazione, che insieme ad altri compiti, può costituire un progetto.
Alcune caratteristiche fondamentali comuni a tutti i progetti sono riassunte qui di seguito (Archibald, 1996).
I progetti sono degli sforzi complessi che hanno inizio e fine, e non sono ripetitivi. I progetti debbono dar luogo a risultati specifici a un momento dato rispettando limiti di budget. Essi sono trasversali, rispetto alle linee organizzative tradizionali. Si tratta di iniziative originali e non mere ripetizioni di iniziative precedenti.
Un progetto è il processo di creazione di determinati risultati. Un progetto può essere considerato come l’intero processo necessario per realizzare un nuovo prodotto, un nuovo stabilimento, un nuovo sistema o per ottenere altri risultati ben determinati. Spesso il prodotto che deve essere creato riceve più attenzione del processo che lo crea, ma sia il prodotto che il processo - il progetto - richiedono una gestione efficace. Il risultato finale è altra cosa dal progetto che lo ha fatto eseguire.
Il progetto ha una vita finita. La vita del progetto ha un inizio e una fine e procede attraverso fasi caratteristiche (1. Concezione 2. Definizione 3. Impostazione 4. Sviluppo/Produzione 5. Applicazione/Installazione 6. Coda) che però sono separate nettamente solo di rado le une dalle altre.
Il carattere del progetto cambia ad ogni fase. Ogni fase porta a risultati ben determinati i quali concorrono, a loro volta, all’input della fase successiva.
Il tasso di utilizzo delle risorse cambia normalmente aumentando con il succedersi delle fasi, per poi decrescere rapidamente quando il progetto volge al termine. Al temine di ogni fase progettuale esistono momenti cruciali di valutazione e di decisione.
L’incertezza per i tempi e i costi complessivi diminuisce man mano che il progetto procede. Il risultato stabilito è inscindibile dal tempo e dal costo che il suo conseguimento richiede. La necessità di sistemi e metodi di programmazione e controllo del progetto che consentano di prevedere il più presto e il più correttamente possibile il punto finale è dovuta a questa caratteristica dei progetti.
Molti progetti non sopravvivono alla fase di concezione o di definizione. Accade spesso che i progetti per nuovi prodotti vengano cancellati, perché non soddisfano i criteri di selezione o che le offerte per la progettazione o la costruzione di nuovi impianti, per esempio, non vengano accolte perché, magari, l’incarico viene dato ad un concorrente. E’ solitamente alla fine della fase di definizione o d’una fase equivalente, che viene data l’approvazione a che si dedichino risorse finanziarie significative: dopo di che il progetto ha ragionevoli garanzie di superare tutte le fasi rimanenti.
Il costo d’accelerazione di un progetto aumenta esponenzialmente man mano che si avvicina al completamento. Il recupero di tempo perduto di norma diventa più costoso in ogni fase successiva del progetto. Questa caratteristica sottolinea l’esigenza di un controllo integrato durante tutte le fasi con particolare attenzione alle fasi iniziali.
Illustrando il significato di progetto e le sue caratteristiche abbiamo evidenziato la necessità di coordinare e controllare le attività che costituiscono un processo di creazione di uno specifico risultato. Gli strumenti e il sistema di regole che facilitano il monitoraggio delle fasi di un programma, progetto o compito sono raccolti nella metodologia di lavoro definita, nella cultura manageriale, come PM o “gestione di progetto”. Sandro Miscia (in Archibald, 1996) definisce il PM come “gestione sistemica di un’impresa complessa, unica e di durata determinata, rivolta al raggiungimento di un obiettivo chiaro e predefinito mediante un processo continuo di pianificazione e controllo di risorse differenziate e con vincoli interdipendenti di costi-tempi-qualità”.
I concetti del PM offrono strade sicure per migliorare la gestione delle nostre attività: la definizione degli obiettivi e le modalità di coinvolgimento di risorse umane; la pianificazione e il conseguimento di questi obiettivi e la valutazione del tempo, del denaro e delle altre risorse necessarie; la direzione del processo d’esecuzione dei progetti intesi a conseguire questi obiettivi.
Dal punto di vista concettuale, la tradizionale visione secondo cui il PM era considerato sostanzialmente un insieme di tecniche e strumenti finalizzati alla corretta pianificazione e controllo del progetto sta da qualche anno lasciando spazio a una nuova concezione che vede il PM in modo più estensivo, ossia come una “filosofia organizzativa” (De Maio in Caramazza, 1990) e un “approccio globale ai problemi organizzativi gestionali delle aziende” (Taverna in Caramazza, 1990). Dal punto di vista applicativo, l’interesse da parte delle aziende verso il PM si sta rinnovando, è infatti sempre maggiore il numero e la varietà dei settori in cui esso viene adottato, come pure si allarga la tipologia dei problemi che le aziende gestiscono sotto forma di “progetto”. Se nel passato il PM veniva utilizzato per la gestione di grandi commesse, oggi sono sempre più frequenti i casi di imprese manifatturiere e di servizi che adottano il PM. I settori della sanità, dell’educazione, dei trasporti, del tempo libero, nonché molti servizi del terziario avanzato, hanno tutti riscontrato che l’approccio al PM finalizzato, ad esempio, a una ristrutturazione organizzativa per il cambiamento e l’innovazione, alla penetrazione di un nuovo mercato, alla realizzazione di un sistema informativo e all’identificazione di piani di formazione, migliora in modo significativo la loro efficacia e competitività.
3.2.2 Le fasi del progetto
Il ciclo di vita di un progetto, gestito con le tecniche del PM formale, inteso come spazio temporale compreso tra il punto di partenza ed il punto di arrivo del progetto stesso, consiste generalmente nelle seguenti fasi:
− concezione: proposta dell’idea del progetto e preliminari all’offerta. Individuazione dell’opportunità nonché valutazione della fattibilità in linea di massima;
− definizione: formulazione dell’iniziativa. Preparazione dell’offerta e del piano di investimento, ricerca dei finanziamenti e stesura del programma generale;
− impostazione: effettuazione degli studi, delle analisi e della progettazione esecutiva;
− sviluppo/produzione: approvvigionamento dei materiali e delle attrezzature, installazione e prova. Collaudi completi, analisi e documentazione dei risultati;
− coda: Relazione finale con il raffronto dei risultati effettivi e dei risultati attesi.
Il PM essendo la risposta alle sfide di un mondo, non più statico ma altamente dinamico, che deve sapere coniugare creatività con sistematicità e razionalità, controllo dei costi con innovazione, velocità con qualità totale e servizio al cliente si è imposto, negli ultimi anni, non solo nei più diversi settori dell’industria ma anche nei servizi, nelle banche, nella Pubblica Amministrazione. Queste e altre ragioni possono spiegare perché in diversi contesti organizzativi, dove il prodotto finale si può testare solo dopo l’immissione sul mercato configurandosi come un progetto atipico rispetto ai progetti tecnologici, si rilevano, confrontandole con le fasi del PM formale, solamente la fase di impostazione o ideazione, la fase di pianificazione, la fase di implementazione o esecuzione e la fase di conclusione o completamento.
La fase di ideazione o impostazione potrebbe sostituirsi alle fasi di concezione e definizione. In alcuni casi non si rileva la fase di concezione in quanto esiste un committente che richiede il solo preventivo per l’esecuzione del progetto, fornendo tutti gli elementi che avrebbero caratterizzato la prima fase del PM formale.
In altri casi esiste una fase di concezione, ma non è necessario eseguire la fase di definizione e fornire un preventivo di spesa per la richiesta di finanziamenti o per l’ottenimento dell’ordine, in quanto l’organizzazione che ha concepito il progetto lo dovrà realizzare per obblighi, per esempio, istituzionali, derivando i finanziamenti da risorse patrimoniali.
Nella fase di impostazione o ideazione del progetto spesso si ricorre alla S.W.O.T. (Strenght, Weakness, Opportunities, Threats) analisys, uno strumento valido, utilizzato nel marketing, che serve a visualizzare i punti di forza ed i punti di debolezza del progetto, le opportunità che possono venire da e per il progetto e l’organizzatore. Inoltre può individuare le minacce che potrebbero vanificare l’operazione. E’ un esercizio utile che consente di capire il grado di realizzabilità dell’operazione o può portare altrimenti alla decisione di abbandonare il progetto.
La fase di impostazione coincide con la fase di pianificazione, ma non si rilevano, nella realizzazione di un progetto in un contesto organizzativo orientato ai servizi, le fasi di sviluppo/produzione e applicazione/installazione, che generalmente corrispondono alla fase di implementazione o esecuzione. La fase denominata coda solitamente coincide con la fase di completamento o conclusione nella quale vengono eseguite le relazioni finali e una valutazione degli obiettivi raggiunti rispetto a quelli ipotizzati nella fase di impostazione o ideazione.
3.2.3 Gli aspetti della struttura organizzativa del progetto. Modelli organizzativi e ruoli tipici del Project Management
Gli obiettivi del PM sono duplici.
Il primo è quello di assicurare che i programmi e i progetti, già quando sono concepiti e approvati, comportino rischi accettabili per quanto riguarda i loro obiettivi di merito, di costo e di scadenza. Il secondo consiste nell’effettuare la pianificazione, il controllo e la conduzione di ciascun progetto in concomitanza con tutti gli altri programmi e progetti, in modo tale che ciascuno di essi raggiunga gli obiettivi che gli sono stati posti, producendo i risultati stabiliti rispettando i costi e le scadenze.
Tali obiettivi sono intimamente connessi alla direzione strategica dell’organizzazione.
Per il raggiungimento degli obiettivi, sopra descritti, l’organizzazione deve tener conto di alcuni aspetti, aspetti che Archibald definisce la “triade concettuale” del PM professionale (Archibald, 1996).
1. L’esplicitazione delle responsabilità per l’integrazione dei singoli apporti al progetto. Nelle organizzazioni impegnate nei progetti sono parecchi i ruoli da individuare esplicitamente come sede di responsabilità per l’integrazione dei singoli apporti; a tal proposito i più importanti sono:
− a livello di alta direzione: il Direttore Generale, lo sponsor di progetto;
− a livello di direzione del progetto: il pm (project manager);
− a livello di unità specialistica (function) il partecipante al progetto: i functional project leaders.
Lo sponsor di progetto è solitamente un alto dirigente o un organismo dell’alta direzione che agisce per conto o in nome dell’organizzazione promotrice o proprietaria. Il pm invece ha un ruolo operativo, in quanto definisce l’ambito e gli obiettivi del progetto così da soddisfare le esigenze strategiche del progetto indicate dallo sponsor. I responsabili di funzione integrano i singoli apporti al progetto da parte delle loro unità specialistiche o funzioni permanenti. La presenza o meno dei responsabili funzionali rispetto ai responsabili di funzione dipende dalla struttura organizzativa e dalla complessità del progetto.
Per i grandi progetti viene costituito un Project Office nel quale possono essere o non essere assegnati “gli specialisti” quali: l’Amministratore del “contratto” (responsabile dei contratti che autorizzano il progetto e di tutti i contratti stipulati con terzi per la fornitura di attrezzature e materiali), il Project controller (responsabile della pianificazione e controllo lavora a stretto contatto con il pm), il Contabile del progetto (fornisce al pm assistenza finanziaria e contabile per effettuare delle previsioni sui costi, lavoro anche con il Project controller), il Coordinatore della produzione (responsabile delle fasi di fabbricazione del prodotto finale), il Field Project Manager (responsabile delle fasi di installazione/collaudo del prodotto finale).
2. I sistemi di pianificazione e di controllo per la predizione e l’integrazione dei singoli apporti al progetto. Consistono nella pianificazione e nel controllo di ciascun progetto in modo integrato, comprendendo tutti gli apporti dalle unità specialistiche e dalle organizzazioni che vi partecipano. Molte organizzazioni si trovano a dover pianificare simultaneamente più progetti che traggono risorse dalle medesime unità specialistiche, facendo sorgere l’esigenza di impiegare un sistema unificato di pianificazione e controllo.
3. Il team di progetto come luogo di integrazione degli sforzi di tutti i partecipanti al progetto. La costituzione e la gestione del team di progetto è uno degli aspetti più delicati del PM. Il team di progetto rappresenta il luogo di integrazione degli sforzi di tutti i partecipanti al progetto. Non dimentichiamo, infatti, che i progetti consistono di molti compiti, di varia natura, e come tali richiedono risorse specialistiche diversificate. La massima efficacia, nel PM, si ottiene quando tutti i partecipanti collaborano e lavorano insieme come un team ben allenato sotto la guida del pm che assicura l’integrazione dei loro apporti in un complesso unitario. Il team di progetto comprende tutti i partecipanti al progetto, sia quelli che restano in organico alle singole funzioni, sia quelli che vengono assegnati al Project Office.

Nel definire gli obiettivi del PM e gli aspetti che lo caratterizzano abbiamo anticipato temi che necessitano di un maggior approfondimento: la definizione di un quadro organizzativo adeguato alle esigenze del PM e i suoi “ruoli tipici”, che, in parte, emergeranno già descrivendo le diverse strutture organizzative e in parte sono stati già descritti sopra.
Con riferimento al contesto organizzativo la fase di evoluzione concettuale e applicativa che il PM sta attualmente attraversando, se da una parte ne testimonia l’ampia potenzialità gestionale, dall’altra implica la difficoltà di riferirsi a un unico modello organizzativo di PM, sia dal punto di vista strutturale che di ruolo. Riprendendo un contributo fornito da Youker (Archibald, 1996) le tre principali forme organizzative (per funzioni, a matrice, per progetto) si possono rappresentare in un campo continuo nel quale un estremo è occupato dall’organizzazione per funzioni, l’altro estremo dall’organizzazione per progetti e il centro dall’organizzazione a matrice in una grande varietà di soluzioni, da quelle più simili all’organizzazione per funzioni (matrice debole) a quelle più simili all’organizzazione per progetti (matrice forte). Il campo continuo si riferisce alla percentuale di partecipanti che lavorano nell’unità di provenienza, specializzata per funzione (e, per converso, a quella dei partecipanti trasferiti a tempo pieno al progetto). Il passaggio dall’organizzazione per funzioni all’organizzazione a matrice si ha quando viene nominato un coordinatore a tempo parziale, con il compito di integrare tra loro gli apporti al progetto da parte delle singole funzioni.
In una struttura a matrice debole si ha un coordinatore a tempo parziale. La matrice si rafforza quando il coordinatore svolge il suo compito a tempo pieno e poi ancora quando viene nominato un pm e infine istituito un Project Office dedicato al progetto (Archibald, 1996).
La struttura debole viene adottata per progetti “semplici”, mentre quella forte per progetti “rilevanti e critici” (task force); nella maggior parte dei casi si adotta la struttura mista, così detta perché mette assieme, con miscele diverse, da un lato i principi della ripartizione e attribuzione delle attività, per quanto possibile, alle funzioni permanenti e dall’altro lato le caratteristiche principali di ruolo di pm, quali il lavoro in team e la possibilità di sfruttare al massimo le opportunità di sovrapporre le attività in forme non semplici.
Analizzando le varie strutture è emerso che il ruolo che dipende in modo più forte dalla struttura organizzativa del progetto è certamente quello di pm. Questa forte dipendenza porta spesso ad identificare i vari tipi di struttura in funzione delle responsabilità attribuite al pm sulla gestione delle risorse assegnate al progetto. In linea di massima si distinguono tre tipi di pm:
facilitatore, associato alla struttura debole, con compiti di comunicazione e presidio degli aspetti temporali del progetto (responsabilità sui tempi); l’autorità è limitata e lo status può essere inferiore a quello dei responsabili funzionali con cui interagisce nell’ambito del progetto;
coordinatore, associato alla struttura mista, con compiti di comunicazione e di controllo e responsabilità estesa agli aspetti temporali e di costo; l’autorità è su tutti gli aspetti del progetto ad eccezione del governo delle risorse che è mantenuto dalle funzioni; lo status è equivalente ai responsabili funzionali con cui interagisce nell’ambito del progetto;
manager o general manager, associato alla struttura forte, con compiti di direzione e di comando; l’autorità è estesa a tutte le leve di gestione del progetto incluse le risorse; lo status è equivalente o superiore a quello dei responsabili funzionali con cui interagisce nell’ambito del progetto. La massima criticità della figura e, di conseguenza, le più alte competenze professionali si hanno in corrispondenza del pm con compiti di direzione e di comando (manager e general manager). A questa figura compete creare il team di lavoro o di progetto.
A questo punto occorre una precisazione. Quanto esposto raccoglie dei fattori e dei principi generali, che caratterizzano il PM, ben consolidati e che possono combinarsi in funzione delle esigenze legate, di volta in volta, al progetto e che riferiscono alla potenzialità e flessibilità gestionale che il PM offre (De Maio, Bellucci, Corso, Verganti, 1994).
3.2.4 Gli ostacoli al Project Management
L’adozione di tecniche di PM per l’integrazione dei singoli apporti specialistici ai progetti e la conseguente formalizzazione della funzione di PM richiedono solitamente una crescita nell’organizzazione e notevoli cambiamenti, nella mentalità, nelle responsabilità, nei metodi e nelle relazioni di dipendenza. Questi cambiamenti non riguardano solo l’unità che conduce il progetto, ma anche tutte quelle che partecipano al team di progetto.
Numerosi fattori, culturali e non (riguardanti il contesto del progetto, le organizzazioni partecipanti, il settore, la regione geografica, le tradizioni nazionali), frappongono ostacoli a tali cambiamenti.
Si possono identificare gli ostacoli che richiedono maggior attenzione e maggior sforzo per l’accettazione del cambiamento nei seguenti campi:
1. ruoli d’integrazione di apporti diversi, al livello inferiore a quello di direttore generale: le responsabilità del pm e dei functional project leaders nell’integrazione dei vari apporti suscita resistenze nella struttura dell’organizzazione. Più l’organizzazione e l’ambiente sociale s’ispirano al paradigma autoritario, più sarà difficile superare questi ostacoli che saranno ancora più forti se è il pm, o il functional project leader, a ritenersi investito di quell’autorità e a tentare di farla valere;
2. condivisione di responsabilità progettuali: l’efficacia della direzione di progetto impone che i capi funzione, i pm e project functional leader sappiano come condividere le responsabilità progettuali. In linea di massima il pm è il responsabile del che cosa (l’oggetto del progetto) e del quando (le scadenze del progetto), mentre i capi funzione sono responsabile del come (le modalità d’esecuzione dei compiti). Tra le responsabilità del pm rientra il quanto (il budget) che di solito si basa sulle indicazione dei capi funzioni;
3. duplicità di dipendenza (dal capo funzione e dal pm): nelle culture tradizionali s’inculca il principio dell’unicità del comando. Questo accade nelle singole organizzazioni, ma anche in molte nazioni;
4. pianificazione e controllo dell’integrazione dei singoli apporti: nelle organizzazioni burocratiche s’inculca nel personale il principio che l’informazione è potere. Queste mentalità, abitudini e convinzioni radicate sono un ostacolo ai nuovi metodi che mirano a integrare i piani di tutti i partecipanti per elaborare il piano generale di progetto, a far conoscere l’avanzamento del lavoro di tutti e a segnalare i problemi e i conflitti al loro primo insorgere;
5. sistemi informativi di PM basati su computer: i manager di vecchia scuola e quelli che per formazione sono portati a disprezzare l’uso della tastiera incontrano difficoltà nell’attività direttiva. Bisogna assolutamente abbattere tutte le barriere che ancora separano il management dalle nuove tecnologie;
6. conflitto fra obiettivi di progetto e obiettivi di funzione: la gestione per progetti richiede, per essere efficace, che il personale sia capace di riconoscere l’importanza degli obiettivi di progetto e di porli al di sopra degli obiettivi personali e di quelli della funzione d’appartenenza;
7. riferimento primario al team, anziché all’individuo, nell’organizzazione del lavoro e nel giudizio sulla performance: i progetti richiedono che tutti i partecipanti instaurino un autentico lavoro di squadra, bisogna collaborare l’uno con l’altro;
8. durata finita degli incarichi di progetto (diversamente dall’assegnazione alle funzioni che, solitamente, è a tempo determinato): tutti cercano la stabilità. Molti non gradiscono le situazioni di progetto, perché espongono all’ignoto. Il progetto infatti è destinato a finire, anzi a finire quanto prima è possibile.
Si può favorire il superamento degli ostacoli all’adozione delle tecniche di PM con la strategia seguente, articolata in cinque fasi:
1. definizione dei cambiamenti da realizzare e individuazione degli ostacoli che vi possono frapporre;
2. maturazione della consapevolezza della necessità del cambiamento, con l’individuazione e lo sfruttamento delle forze motivanti che possono aiutare a superare gli ostacoli;
3. formazione e aggiornamento di tutto il personale coinvolto, secondo le indicazioni delle prime due fasi;
4. varo di “progetti di cambiamento” per l’implementazione delle nuove tecniche di PM;
5. aggiornamento delle tecniche di PM e/o del loro modo d’implementazione, per tenere conto degli ostacoli attuali o potenziali.
L’adozione di metodologie organizzative impone, innanzi tutto, la costruzione del consenso a tale idea strategica nell’organizzazione. L’implementazione o il miglioramento delle tecniche di PM richiedono quindi l’applicazione, a loro volta, di buone tecniche di PM, di un progetto, e si devono impostare in una prospettiva di lungo termine. Si possono distinguere, per la generalità delle organizzazioni, due modalità per mezzo delle quali è possibile acquisire una “cultura organizzativa” orientata all’applicazione delle tecniche di PM: la crescita progressiva lenta e costante, nei prodotti, nei servizi, nei mercati e nel personale; la crescita per salti di piccola, media o grande entità, ma comunque più consistenti dei piccoli passi che caratterizzano la crescita progressiva. I salti quando diventano davvero rilevanti si configurano inequivocabilmente come progetti. La buona conduzione del management strategico (vision) e del management di progetto (mission) comporta la selezione di validi progetti di crescita e la gestione professionale dei progetti stessi secondo pratiche ben collaudate di PM.
Non esiste, comunque, un’unica risposta per tutte le situazioni che determinano il contesto organizzativo strategico-aziendale. Piuttosto, bisogna adattare alle diverse situazioni i concetti generali del PM, prendendo anche in considerazione la cultura dell’organizzazione, che guida il progetto e il mix di culturale del team di progetto.
3.2.5 Team di progetto e human management
L’efficacia del PM si fonda in modo determinante sul riconoscimento che i progetti vengono pianificati e realizzati con l’apporto d’un gruppo composito, il team di progetto, e sul successo nel farlo funzionare come un vero team ben affiatato. Uno dei compiti principali del pm sarà di sviluppare un ésprit de corps nel team di progetto, cosa che s’è dimostrata essenziale per il conseguimento di obiettivi complessi, in tempi ristretti.
Il lavoro in team, da solo, non è un esclusività del PM, anche se costituisce una premessa essenziale per la sua riuscita.
Il progetto si compone di vari compiti (task) per ciascuno dei quali è richiesto personale di determinata esperienza e qualificazione. In senso lato, tutti i partecipanti a un certo progetto si possono considerare membri del team di progetto. Nei casi di maggiore entità, dove centinaia o persino migliaia di persone concorrono al progetto, occorre però individuare quali sono i membri determinanti del team di progetto, fra i quali si possono senz’altro annoverare il pm, i functional project leader e i principali specialisti delle funzioni ausiliare di PM. In molti progetti il cliente o il committente partecipa attivamente e viene perciò annoverato nel team di progetto. Sarà utile comprendervi i rappresentanti delle organizzazioni esterne che partecipano in vario modo al progetto.
Affinché un gruppo di persone, che si dedicano a compiti più o meno legati fra loro, costituisca un vero team di progetto occorre che siano verificate le condizioni di seguito riportate.
Individuazione esplicita dei membri del team di progetto con la definizione del ruolo e delle responsabilità di ciascuno. Un modo pratico per individuare chi fa parte del progetto e quello di iniziare con l’identificazione degli stakeholders : le persone e le organizzazioni che hanno un interesse, una responsabilità, un potere decisionale che riguarda il progetto e i suoi risultati. Dopo l’individuazione, si compila la lista dei membri e la si consegna all’intero team. La lista conterrà tutti i dati di ciascun membro per facilitare i contatti tra i singoli componenti del gruppo (nome, cognome, telefono, indirizzo, ecc.).
Obiettivi di progetto chiari e ben compresi. I team devono essere coscienti dell’esistenza d’una pluralità di aspettative sulle loro performance nel progetto. Le performance nel team sono giudicate secondo criteri hard o quantitativi (costi, tempi, ecc.) e soft o qualitativi, più soggettivi e meno suscettibili di riscontro misurabile. Intorno alla tensione verso l’eccellenza dei risultati, presente in un team di progetto, si è cristallizzata l’idea di superteam.
Piano di lavoro realistico, con scadenze ben chiare. Il team lavora con efficacia se ha un piano di lavoro che riflette bene il modo nel quale i membri lavoreranno.
Regole ben ragionate in merito al flusso delle informazioni, alla comunicazione, alle riunioni del team, ecc. Non è possibile ottenere un buon lavoro da un team di progetto senza aver stabilito regole, procedure e consuetudini ben ragionate circa il modo con cui si pianifica il progetto. Nei progetti di maggior entità, tali procedure sono generalmente ritagliate sulle esigenze specifiche e comunicate a tutti i membri del team con un manuale, una direttiva scritta o un documento similare.
Leadership del pm. Il pm è il leader del progetto e usa vari stili e varie tecniche di leadership, a seconda delle caratteristiche personali e di quelle del progetto e dell’ambiente in cui esso si svolge. Il pm non può contare su un unico stile di leadership per influire sul comportamento altrui. “Occorrono stili diversi nelle diverse situazioni. Bisogna saper cogliere i tratti distintivi delle circostanze e delle personalità che di volta in volta entrano in gioco” (Archibald, 1996). Il pm per motivare i singoli membri del team di progetto deve rendersi conto dei bisogni insoddisfatti per evitare il verificarsi di situazioni conflittuali che potranno essere superate instaurando un clima ispirato al problem solving e al confronto leale. Il decision-making partecipativo e l’empowerment contribuiscono alla qualità delle decisioni e all’unità del team.
3.2.5.1 I conflitti
Il pm deve approntare delle strategie che mirino al contenimento delle conflittualità all’interno del team. La consapevolezza delle materie di conflitto e la conoscenza della loro distribuzione nelle fasi progettuali può essere di grande utilità.
Una ricerca condotta da Thamhain e Wilemon (Archibald, 1996) su 100 pm individua sette materie di conflitto principali:
1. conflitti sulle priorità dei progetti: i punti di vista di quanti partecipano a un progetto spesso divergono sulla sequenza delle attività e dei compiti necessari per portarlo a termine. I conflitti sulle priorità possono verificarsi non solo tra il team e altri gruppi che concorrono al progetto, ma anche nell’ambito dello stesso gruppo di lavoro;
2. conflitti sulle procedure gestionali: possono nascere conflitti di tipo manageriale e amministrativo su come gestire il progetto. Essi riguardano generalmente la definizione delle responsabilità, i rapporti d’interfaccia, l’ambito del progetto, le necessità operative, il piano esecutivo, gli accordi di lavoro da negoziarsi con altri gruppi;
3. conflitti su opinioni e “compromessi” tecnici: nei progetti caratterizzati soprattutto dal contenuto tecnologico si possono verificare disaccordi su questioni tecniche, sulle specifiche di perfomance, su soluzioni di compromesso e sui mezzi per ottenere risultati tecnici;
4. conflitti sulle risorse umane: possono verificarsi conflitti sul reclutamento di personale per il team di progetto, perché le unità non lo distaccano volentieri al project office, o sono comunque poco disposte a impiegarlo per quel progetto, pur mantenendone il controllo diretto;
5. conflitti sui costi: sono frequenti i conflitti sulle stime dei costi effettuate dalle unità che dovranno eseguire i singoli compiti, nell’ambito del progetto;
6. conflitti sulla schedulazione: possono verificarsi disaccordi sulla durata, sulla sequenza e sulla schedulazione dei compiti relativi al progetto;
7. conflitti di personalità: molte volte i conflitti non derivano da divergenze sul piano del controllo, ma s’incentrano sull’Ego.
I modi più o meno importanti di risoluzione dei conflitti, così come sono stati individuati da Thamhain e Wilemon nella loro ricerca su 100 pm sono:
− confronto: affrontare apertamente il conflitto che deve essere risolto, per cui le parti accettano di sviscerare il loro disaccordo con l’obiettivo di trovare un punto d’incontro;
− compromesso: contrattare e ricercare soluzione che consentono una qualche soddisfazione per le parti; essere disposti a dare qualcosa per ottenere qualcosa;
− attenuazione: attenuare o evitare i punti di divergenza e sottolineare i punti sui quali si è d’accordo;
− pressione: far prevalere il proprio punto di vista a discapito di quello dell’avversario. Non lasciare vie d’uscita, se non la vittoria o la sconfitta;
− rinuncia: ritrarsi o recedere da un disaccordo reale o potenziale.
Le materie di conflitto che più interessano l’intero arco del progetto sono le scadenze, le priorità e le risorse umane. Pare che i pm, nella loro veste di integratori delle diverse risorse dell’organizzazione, debbano utilizzare tutte le strade per risolvere i conflitti. Mentre il confronto è ritenuto essere il metodo ideale nella maggior parte dei casi, altri metodi possono essere altrettanto efficaci a seconda delle situazioni che caratterizzano il disaccordo.
3.2.5.2 Il commitment
Oltre alla possibilità di conflitti all’interno del gruppo e della loro gestione, un altro aspetto, molto più importante opposto al conflitto, è la gestione dell’adesione al progetto.
Il ruolo del pm va solitamente svolto nell’ambito di un’organizzazione strutturata per funzioni. Ne risulta, com’è noto, una struttura a matrice che presenta numerose difficoltà: confusione sulle responsabilità e sull’autorità, conflitti fra gli obiettivi delle funzioni e quelle dei progetti, divergenze sulle priorità, con i problemi che ne conseguono.
Uno degli aspetti più ardui del ruolo del pm, proprio per queste difficoltà, è quello dell’impegno per i singoli apporti al progetto da parte delle funzioni che vi devono concorrere: il cosiddetto commitment.
L’importanza del commitment o adesione, rappresenta un altro aspetto della direzione del progetto. Questo aspetto del PM tocca il campo dello human management, inteso come tecnica per far corrispondere il comportamento agli obiettivi, alle priorità e alle interdipendenze del progetto.
La gestione dell’adesione richiede competenze particolari che gli individui possono già avere in vario grado. Per dimostrare al team di progetto che si è rilevata la loro adesione agli obiettivi occorre una combinazione ben dosata di comportamenti rafforzativi (dare l’esempio, premiare i risultati, reagire ai comportamenti denigratori, concentrarsi su ciò che più conta) e comportamenti innovativi (cercare sempre di far meglio, rimuovere i blocchi delle aspettative iniziali, creare un contesto aperto alle nuove idee, favorire una ragionevole apertura al rischio). Per ottenere l’adesione altrui occorrono pochi e semplici accorgimenti, da applicare però con costanza e convinzione:
offrire un modello comportamentale positivo, per tutto ciò che riguarda il commitment verso gli altri (principalmente attraverso l’esempio);
favorire in tutti il feedback continuo sulla performance, sull’avanzamento dei valori e sulle opportunità di miglioramento;
prestare attenzione sia all’applicazione dei piani, sia alla ricerca di miglioramenti;
mantenere l’equilibrio fra le esigenze e le priorità.
I pm che si conquistano il commitment dei membri del team di progetto e lo gestiscono attivamente nella pianificazione e nell’attuazione dei loro progetti hanno maggiori probabilità di conseguire gli obiettivi di progetto (Archibald, 1996).
3.2.6 La gestione del multi-project
Gli obiettivi nella gestione dei progetti multipli
All’interno di una organizzazione può verificarsi che ci si debba occupare di più progetti contemporaneamente, o anche in tempi successivi, e che questi abbiano tra loro una serie di interdipendenze; questo implica di dover pensare ad un livello superiore di governo, rispetto a quello ideato per ogni singolo progetto.
In genere viene creato un ufficio centrale di pianificazione e controllo affidandolo ad un Planning Manager, che diventa direttamente responsabile di tutte le attività dell’ufficio stesso. Questo tipo di organismo deve essere in grado di valutare e selezionare un portafoglio progetti e di averne una visione globale, in particolare deve verificare il rispetto dei vincoli, decidere l’allocazione delle risorse critiche, proteggere i progetti da disturbi reciproci e favorire le possibili sinergie (De Maio, 1994).
Gli obiettivi principali della gestione multi-project (Archibald, 1996) sono:
− il completamento di tutti i progetti per conseguire al meglio i fini generali dell’organizzazione;
− la determinazione delle priorità nell’accesso alle risorse critiche;
− l’acquisizione e il mantenimento di risorse adeguate al complesso dei progetti;
− lo sviluppo di schemi organizzativi e di sistemi di gestione che soddisfino le mutevoli esigenze dei progetti, assicurando nello stesso tempo stabilità organizzativa, sviluppo professionale ed efficienza amministrativa.
De Maio (1994) mette in evidenza come negli interventi organizzativi in cui si è deciso per l’adozione di un livello di gestione multi-project si possono individuare tre principali caratteristiche ad essi comuni:
Il carattere semi-permanente di queste strutture di governo;
la presenza di criteri di segmentazione, che permettono di raggruppare i progetti più fortemente interdipendenti tra loro, identificando così i gruppi oggetto di gestione multi-project;
l’enfasi sui processi di apprendimento, in queste strutture si deposita l’esperienza, accumulata nel tempo, proveniente da ogni singolo progetto.
La gestione delle interdipendenze
Nella gestione di molteplici progetti paralleli è necessario prendere in considerazione le varie interrelazioni che si sviluppano. Archibald (1996), in merito, identifica tre tipologie di interdipendenze:
− precedenze obbligate: i risultati derivanti dal completamento di un progetto devono essere disponibili prima che possa iniziare un altro progetto;
− ricorso alla medesima risorsa: uno specialista deve completare una attività in un progetto prima di poter iniziare un’altra attività in un altro progetto;
− tasso di utilizzo delle risorse umane: due o più progetti stanno utilizzando la stessa risorsa.
Più genericamente si può parlare (De Maio, 1994) di interdipendenze sui risultati, dove la realizzazione di un progetto è fondamentale per portarne a termine un altro, e di interdipendenze sulle risorse, ovvero dell’utilizzo nelle diverse fasi dello stesso stock limitato di risorse; e in una attività di questo tipo possiamo identificare i seguenti tipi di risorse (Archibald, 1996):
− il tempo
− il denaro;
− gli uomini;
− i mezzi a disposizione;
− le attrezzature;
− i materiali.
Possiamo affermare che la gestione delle interdipendenze sulle risorse è un fattore di alta criticità, infatti la stima delle risorse necessarie e l’acquisizione o la fornitura delle risorse in modo tempestivo ed efficiente, insieme alla pianificazione del lavoro e il controllo sul loro utilizzo, sono attività centrali; uno svolgimento approssimativo può compromettere la buona riuscita del progetto ed essere la causa di ritardi indesiderabili.
3.2.6.1 Valutazione, pianificazione e controllo del portafoglio progetti

Un’azienda che gestisce contemporaneamente più progetti deve avere, nel proprio organico, una funzione che si occupi della gestione del portafoglio progetti ovvero che sia in grado di individuare, scegliere, pianificare e controllare i progetti che potrebbero essere avviati parallelamente. In questo modo si assicurerà una maggiore efficacia nella risoluzione dei conflitti, una maggiore precisione nella previsione delle risorse necessarie e una maggiore uniformità nelle procedure.
Nelle situazioni in cui ci si trova a gestire molti progetti è opportuno adottare, formalmente e in maniera molto chiara, una politica di gestione delle priorità. Infatti anche la più accurata e corretta selezione del portafoglio progetti e la pianificazione delle risorse non potrà mai del tutto eliminare l’insorgere di conflitti per l’accesso alle risorse condivise.
“Poche organizzazioni risolvono questo problema applicando un metodo prestabilito. Ne consegue che molte decisioni sulle priorità vengono prese giorno per giorno, dal management di prima linea. Può quindi accadere che siano prese delle decisioni dissimili, o contraddittorie su due progetti simili, con il risultato che ambedue ne risultano danneggiati.” (Archibald, 1996)
Uno dei metodi per attribuire un livello di priorità a un progetto è quello dello Shorttest Processing Time; i progetti che richiedono minor tempo per essere completati devono avere la massima priorità.
Un altro metodo è quello di stabilire il grado di rilevanza-rischio: ad un progetto classificato con rilevanza alta e rischio alto va attribuita una alta priorità di accesso alle risorse critiche. Questo tipo di progetti vanno in un certo senso protetti, infatti, al fine di evitare ritardi nella loro esecuzione è necessario limitare al massimo le interdipendenze sulle risorse tra progetti ad alta priorità nella fase di definizione del portafoglio.
Uno dei metodi che permettono di identificare, e gestire, tutte le interdipendenze, siano esse sulle risorse o sui risultati legandole al grado di rilevanza/rischio, è quello delle tre R (De Maio, 1994):
1. Rilevanza: non solo dal punto di vista economico, ma anche di impatto per tutta l’azienda
2. Rischio: rappresenta l’impossibilità di definire con sicurezza il conseguimento degli obiettivi.
3. Risorse Critiche: la quantità di risorse critiche in azienda è una limitazione forte al numero di progetti che si possono portare avanti contemporaneamente.
Classificare i progetti rispetto a questi parametri fondamentali permette infatti di definire l’approccio più adatto per ciascun progetto, quale sia la sua priorità nell’accesso alle risorse critiche, quali forme organizzative adottare e quali siano gli strumenti di monitoraggio e controllo da utilizzare.
Si opera in pratica una selezione del portafoglio progetti mettendo in relazione le interdipendenze sulle risorse e le interdipendenze sui risultati, intese come rilevanza e rischio.
Se il portafoglio progetti non viene ritenuto soddisfacente si possono attuare degli interventi di miglioramento e di riclassificazione, ad esempio si possono effettuare degli interventi per aumentare la disponibilità di risorse critiche, oppure per aumentare la rilevanza riducendo i costi e incrementando la produttività, si può intervenire anche sulla capacità aziendale di gestire i fattori di rischio (De Maio, 1994).
In merito alla funzione di pianificazione e controllo Archibald (1996) approfondisce ulteriormente il discorso specificando che sono necessari sistemi per:
− la schedulazione e la valutazione delle operazioni;
− la valutazione della pianificazione;
− l’allocazione delle risorse.
Infine, questa funzione può essere vista come l’applicazione combinata dei moderni modelli di management e delle tecniche reticolari derivate dalla teoria dei sistemi.

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