di Antonio Lieto
“Towards new models in health leadership” (“Verso nuovi modelli di leadership in sanità”). Questo il titolo del seminario tenuto da Henry Mintzberg della McGill University di Montreal il 2 aprile scorso all’Università degli Studi di Salerno. Numerosi gli spunti e le riflessioni sollecitati dall’intervento di colui che il Financial Times ha definito “il più grande esperto di management a livello mondiale”. Nel corso della prima parte della sua lezione Mintzberg ha parlato in modo specifico del problema della gestione del sistema sanitario. Egli ha criticato i tradizionali modelli di gestione, ossia il modello pubblico (“non si può gestire la salute con la burocrazia e la gerarchia”) e quello privato (“we can’t think the healthcare in term of business”) ed ha ipotizzato una “terza via gestionale” alternativa ai sistemi precedenti (“oltre a Marx e ad Adam Smith c’è dell’altro” ha detto Mintzberg). Questa terza via è rappresentata dalla gestione sociale No Profit.
Mintzberg, dunque, ha proposto una sostanziale riorganizzazione del sistema sanitario ma tale riassetto, per lo studioso canadese, non deve riguardare aspetti legati esclusivamente alla struttura organizzativa ma deve essere allargato anche ai modelli di leadership che si innestano in tale struttura. E’ necessario, per Mintzberg, ripensare e ridisegnare profondamente il concetto di leadership. Bisogna passare dal concetto di leadership a quello di communityship (un modello di management partecipativo che risolva, quanto più è possibile, i problemi dal basso).
Nella seconda parte del suo intervento Mintzberg ha focalizzato l’attenzione su aspetti di natura più generale relativi all’ambito del management. Ha parlato della strategia come processo di apprendimento ed ha criticato fortemente il “mito della misurazione” che ha caratterizzato e che caratterizza alcuni corsi di management tenuti nelle più note Università e School of Management del mondo (ad esempio Harvard). Mintzberg ha cioè criticato, in sostanza, l’idea di management riassunta nella formula “if you can’t measure it you can’t manage it” (se non puoi misurare un fenomeno allora non puoi gestirlo”). Tale formula, per lo studioso canadese, è del tutto errata perché vuole, forzatamente, inquadrare il management in un’ottica di disciplina scientifica. Ma “il management, così come la medicina non è una scienza (non va alla ricerca di una Verità) bensì è una una pratica (è l’arte di far fare e di riflettere su ciò che è stato fatto)”. E’ una sorta di disciplina artigianale: “Non esistono manager creati in aula. Pertanto l’unico modo per formare i manager è prendere persone che siano già manager, che siano già inserite quotidianamente nella pratica del managment e che conoscano i problemi reali di gestione organizzativa”. In questa direzione va il suo programma di formazione manageriale denominato IMHL (International Master for Health Leadership). Tale programma dura 18 mesi ed è rivolto solo a persone che hanno già esperienza nel campo del management. Esso si compone di cinque moduli. Dopo ogni modulo i manager (dopo aver appreso ed aver discusso in aula di ciò che hanno appreso) ritornano nei loro posti di lavoro e cercano di applicare quanto hanno imparato alla loro realtà organizzativa. Dopo alcuni mesi ritornano in aula e discutono dei problemi che ciascuno ha incontrato nella propria realtà, dei risultati raggiunti e quant’altro. Questo processo di continuo andirivieni tra aula e realtà gestionale continua per tutta la durata del corso di formazione (che prevede anche uno scambio di lavoro di circa una settimana tra i partecipanti del corso. Ad esempio: per una settimana un manager di una data realtà, accompagnato dal compagno di corso-manager esperto della nuova realtà, si trova a doversi confrontare con i problemi e le richieste di un’altra realtà gestionale a lui sconosciuta).
Uno altro momento clou della lezione si è avuto quando Mintzberg ha raccontato, in modo divertente e illuminante allo stesso tempo, la storia concreta (un case history direbbero quelli bravi) di una catena di supermercati inglese che si era trovata ad affrontare il problema di “tagliare i costi”di gestione. Questo problema, tradotto operativamente, significava che ogni unità organizzativa di questa rete di supermercati aveva l’onere di licenziare dieci dipendenti.
Cosa successe? Mentre il manager di una di queste unità decise autonomamente chi licenziare causando il malcontento e l’ira anche tra coloro che restarono a lavorare, il manager di un’altra unità, invece, puntò ad una risoluzione “dal basso” del problema. Cioè, in pratica, disse ai suoi dipendenti di dover licenziare dieci persone e chiese loro: “ditemi voi chi devo licenziare”. Così, man mano, vennero autonomamente fuori dei “volontari”: una persona che aveva già deciso che avrebbe lasciato il lavoro dopo pochi mesi per reiscriversi all’università, una donna incinta che da lì a qualche mese sarebbe diventata mamma e che non aveva più intenzione di continuare a lavorare, un’altra persona che aveva deciso di cambiare lavoro e cosi via. Così facendo il manager di questa seconda unità riuscì a risolvere il problema e si conquistò anche il rispetto di tutti i dipendenti. Un chiaro esempio di come “changes can come from people” (i cambiamenti possono venire dal basso).
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