domenica 3 giugno 2007

I giochi (di produzione) di Borges

da Conversazioni, Bompiani, Milano, 1986

Non so se la parola “lavorare” sia quella adatta; eravamo, credo, una cinquantina d’impiegati, e ci avevano assegnato un lavoro che doveva essere svolto con lentezza.
Ricordo che il primo giorno mi dettero libri da classificare secondo il manuale di Bruxelles che impiega il sistema decimale, lo stesso che viene usato nella biblioteca del congresso degli Stati Uniti. Credo che ne classificassi circa ottanta; questo si venne a sapere e il giorno dopo uno dei colleghi si lagnò con me, dicendomi che la mia era mancanza di solidarietà verso gli altri; difatti, poiché bisognava fingere di lavorare tutti i giorni si erano accordati su una media di quaranta libri al giorno. Perché si osservasse nella faccenda un certo realismo, quei quaranta non erano sempre quaranta; potevano essere trentanove, trentotto, quarantuno, perché la cosa apparisse più verosimile, capisce, come vuole il romanzo naturalistico. E mi disse che non potevo continuare con quel ritmo. Così il giorno dopo ne classificai trentotto per non sembrare presuntuoso.

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